L’Associazione Le 7 Note presenta
I CONCERTI DA CAMERA ALLA CaMu
18 febbraio 17.30
CONCERTO STILE
Trio Ad Libitum
Ruggiero Fiorella, pianoforte
Damiano Isola, violino
Martino Tazzari, violoncello
F. J. Haydn
Trio in Sol Maggiore Hob. XV “Gipsy Trio”
Andante
Poco Adagio
Finale, Rondo Presto
A. S. Arenskij
Trio Nr. 1 in Re Minore Op. 32
Allegro
Scherzo, Allegro molto
Elegia, Adagio
Finale, Allegro non troppo
Il Trio Ad Libitum si è formato all’interno del Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze nel novembre 2017, quando i tre ragazzi di età compresa fra i 14 e i 17 anni hanno iniziato a suonare insieme su suggerimento del M° Raffaele Molinari. Hanno frequentato il corso di Musica da Camera con il M° Daniela De Santis. Ottengono da subito apprezzamenti e riconoscimenti per le loro spiccate doti espressive e strumentali e per il loro particolare affiatamento, sia umano che musicale. Vincono numerosi Primi premi assoluti in diversi Concorsi, tra i quali “Giulio Rospigliosi”, “CiroPinsuti”, “Esperia”, “Piove di Sacco”. Nel settembre 2021 vincono il Premio nazionale delle Arti organizzato dal MIUR presso il Conservatorio di Padova, con giuria Fabrizio Meloni, Pietro de Maria e Gabriele Geminiani. Ognuno dei componenti, nonostante la giovane età, ha al suo attivo esperienza concertistica di rilievo sia come solista che in ambito cameristico, in particolare nel settore solistico la partecipazione a numerose Masterclass, tra cui quelle di Sergey Girshenko, Giovanni Gnocchi, Pavel Gililov. Il Trio ha suonato per importanti istituzioni e in luoghi prestigiosi, tra cui Palazzo Pitti a Firenze, la Sala dei Giganti di Padova, rappresentando il Conservatorio in più occasioni e nel 2020 è stato scelto per un concerto da tenersi al Conservatorio di Torino. Ha frequentato Masterclass di Musica da Camera del Trio di Parma, di Christophe Giovaninetti, e ha partecipato al corso di Musica da camera del Virtuoso Belcanto festival 2021 a Lucca incontrando figure importanti come Bruno Giuranna, Luc-Marie Aguera, Riccardo Cecchetti, Adrian Brendel. Nel 2022 risultano fra i 12 vincitori del progetto A.Gi.Mus Sistema Futuro. Sono attualmente iscritti ad un corso di perfezionamento con il Trio Gaspard, Alexander Lonquich, Bruno Canino ed Erich Höbarth.
CONCERTO STILE
Eccoci arrivati ad un nuovo appuntamento che vede protagonista in questa occasione la musica da camera: è la volta del Trio Ad Libitum – giovane ensemble tra i vincitori del progetto A.I.S. – Attraverso i suoni – che eseguirà il Trio in sol maggiore Hob:XV:25 di F.J. Haydn e il Trio N°1 in Re Minore Op. 32 del compositore russo A.S. Arensky. La peculiarità di questo genere – oltre che nella straordinaria bellezza delle pagine musicali che in esso si collocano – è il suo valore di testimone del processo di dignificazione ed emancipazione dei singoli strumenti musicali che, una volta costruito il proprio repertorio/personalità, tornano a parlarsi con un volto nuovo: una voce identitaria all’interno di una narrazione collettiva.
Il primo brano che andremo ad ascoltare è il Trio di Haydn, composto nel 1795 noto anche come “Gipsy trio” per la dichiarata ispirazione “Ongarese” del movimento finale; l’opera si articola in tre movimenti Andante, Poco Adagio. Cantabile e Rondo all’Ongarese. Presto. Il primo tempo si compone di una serie di variazioni su di un tema semplice proposto dal violino con il tipico carattere galante che popola moltissime opere settecentesche; a seguire un pagina dal tono più lirico, intimo e cantabile che pur non abbandonando l’atmosfera delicata e sognante offre degli squarci di libertà virtuostistica all’organico. Chiude l’opera il già citato Rondo all’Ongarese dove Haydn – anticipando un topos della produzione romantica musicale (e non) – pone come motore centrale un tema popolare magiaro che dona all’insieme un carattere brillante ed animato che accompagna saltellando gli ascoltatori verso la fine del brano.
Il secondo ascolto del programma, il Trio N°1 in Re Minore Op. 32, ci trasporta avanti di un secolo (pressocchè) esatto, nel pieno florilegio della corrente romantica. L’opera di Arensky è rappresentativa dell’importanza del violoncello che in questo contesto si fa senza dubbio protagonista, il brano è infatti dedicato al celebre violoncellista russo Karl Davidoff e affida la proposizione dei temi principali a questo strumento dalle sonorità morbide e calde che spesso sovrasta e pone in secondo piano il violino, che per antonomasia e ragioni storicamente gerarchiche è spesso considerato come prima voce.
Il Trio si apre con l’Allegro moderato, un movimento ampio la cui trama si intesse di tre temi. Il primo è un soggetto fortemente drammatico – di chiara influenza Tchaikovskyana, autore al quale Arensky era legato da un sodalizio amicale – con terzine al pianoforte accompagnate da una melodia cantata al violino, che rapisce immediatamente l’ascoltatore e pervade tutto il movimento. Il secondo tema presentato dal violoncello è una melodia elegante e quieta che offre una suggestione di attesa speranzosa che sfocia successivamente nell’Adagio-coda a chiusura del movimento. Il secondo tempo, Scherzo-Allegro molto, vede affidare agli archi viene dato un tema scarno ma presente che viene accompagnato dalle rapide volate del pianoforte; la parte centrale del brano è popolata da un valzer di ispirazione slava (divenuto poi esempio tipico della produzione di Valzer Arenskyana). Il terzo movimento, Elegia-Adagio, è una pagina di grandissimo lirismo musicale: la struggente melodia udita in apertura scivola sinuosamente partendo dal violoncello tra gli strumenti il cui suono è attenuato ed arrotondato dalla sordina. Si tratta di un vero e proprio dialogo intimo e personale tra gli strumenti, evocativo dell’amicizia di Arensky con Davidoff, il dedicatario dell’opera. Il movimento finale, Allegro non troppo, è un luogo di sintesi tumultuosa dove convivono e si intrecciano i temi dell’appena udita Elegia precedente e quelli dell’Allegro moderato, il movimento di apertura del brano.
Come di consueto in chiusura della guida all’ascolto ci spingiamo insieme verso la ricerca di un fil rouge che metta d’accordo le tante voci – di compositori, interpreti e pubblico – che popolano il concerto; oggi la “morale” propongo di ricercarla nell’assunto che ognuno – ad ogni appuntamento – porta un bagaglio di racconto, gusto e Stile unico e personale e, ciò con cui si arriva non è mai quello con cui si torna. Ciò che conta una volta usciti dalla sala da concerto, in fondo, è aver saputo ascoltare.
Testo a cura di Alba Cacchiani.